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EQUIPARAZIONE COSTITUZIONALE FRA PERSONA OFFESA ED IMPUTATO: EVOLUZIONE NORMATIVA NECESSARIA O SEMPLICE PROPAGANDA GARANTISTA?

In questi giorni si sta discutendo nelle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato di un disegno di legge volto a modificare l’art. 111 della Costituzione sul giusto processo, fornendo tutela costituzionale alle persone offese dal reato, di fatto equiparandole alla figura dell’imputato, già ampiamente protetto dalla più alta fonte di diritto del nostro paese.
Questa proposta, apparentemente condivisa da tutte le forze politiche, prevede un consolidamento dell’istituto del gratuito patrocinio e la garanzia di un risarcimento finale da parte dello Stato laddove non fosse possibile individuare il responsabile del reato o questi non fosse sufficientemente capiente. Ma, e questo è il punto maggiormente critico, l’imputato sarebbe tenuto a fronteggiare non più una, bensì due parti “avversarie” entrambe di rango costituzionale, con le più svariate conseguenze processuali sul diritto di difesa, certamente assai più difficilmente esercitabile.
Fuori dal coro unanime di approvazione è la voce, assai autorevole, del Professor Ennio Amodio che, in modo certamente condivisibile, ha rimarcato come la persona offesa venga già ampiamente tutelata con la legge ordinaria, la quale offre plurimi strumenti di intervento nel processo accanto alla Pubblica Accusa.
Un innalzamento della vittima a livello costituzionale, a ben vedere, non porterebbe ad alcun vantaggio concreto per tale figura ma, al contrario, restringerebbe grandemente il diritto di difesa dell’imputato assecondando la sete di giustizialismo di cui oggi, spesso in modo spregiudicato, l’opinione pubblica è sempre più bramosa. Prova ne è la citata condivisione, sostanzialmente unanime, di tutte le forze politiche.

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